domenica 21 agosto 2011

aspettando l'alba di una nuova partenza

Dunque, facendo bene i conti, questo è il mio undicesimo viaggio a Sarajevo dal 2008, da quando ci siamo lasciati sedurre dalla bellezza e dalla complessità della storia e delle vicende atttuali di quella terra. Può sembrare un magro guadagno dire che inizio a capire qualcosa della situazione di quella città perchè mi accorgo di non capirci molto: ci vuole pazienza e non un giudizio frettoloso! Ma mi accorgo anche che da quella povertà e da quella trama spezzata possiamo arricchirci noi tutti cittadini di un'Europa alla soglia di un nuovo contesto dalle coordinate sociali sempre più allargate a nuove culture e religioni. Reputo dunque una grande occasione di crescita portare i nostri giovani e lasciare che questa terra li provochi e li ferisca.
Già, a proposito dei nostri giovani: quest'anno sono quasi 60! Mi chiedo ancora, con il dovuto rispetto, se sono io pazzo a mettermi in viaggio con loro o loro sono matti più di me a trascinarmi sempre più al fondo di una passione incontenibile!
Ma sono certo che a Sarajevo ci torniamo perchè qui abbiamo incontrato volti amici e soprattutto abbiamo raccolto dalle mani di chi non ha nulla un tesoro che custodiamo gelosamente nel nostro cuore. E penso soprattutto ai bambini di SOS e di Bjelave. Volti sempre più numerosi, dai contorni ormai definiti, dai nomi complicati e dal suono duro ma che richiamano storie e speranze di futuro.
Ci sono bambini che ci aspettano a cui regaleremo qualcosa di noi, soprattutto il nostro tempo. Ma, come sa bene chi ha un po' di esperienza dei nostri viaggi, torneremo noi arricchiti da loro perchè la profezia di un mondo nuovo dirompe proprio sotto i passi dei piccoli e degli ultimi. Già, loro ci regaleranno, assieme a un cuore più vulnerabile, una promessa di un futuro che dobbiamo conquistare anche al costo della lotta ma che si schiuderà fra le nostre mani come un miracolo, il futuro del Regno dei cieli.
Negli anni scorsi a Sarajevo abbiamo parlato di speranza e di carità. Non poteva mancare allora la riflessione sulla fede. Non sarà un cammino intimistico perchè il Dio che ci interpella nell'intimità del cuore con una voce più leggera della brezza di vento, poi ci chiede di gridare sui tetti la buona novella. Sarà un interrogarsi sulla nostra fede, sulle provocazioni che ci lancia la nostra cultura e anche l'incontro con l'Islam, sarà un chiedersi costante di come possano coesistere fede e dolore, certezza che Dio è Padre e la povertà dei nostri fratelli per poi insieme dire il nostro sì a un Dio che si è fato carne crocifissa per schiudere a ogni uomo l'orizzonte della risurrezione.
Lasciamo una caldissima Milano per immergerci in un'esperienza "incandescente"!
PS rubo questa citazione, modellandola, a don Maurizio che oggi in predica ha detto parole bellissime sui nostri viaggi a Sarajevo, parole di uno che ha calcato un proscenio simile prima e meglio di noi...grazie!

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